Nel tessuto della vita quotidiana, tra i riflessi del sole sulla strada e il fruscio del vento, emergono storie che toccano il cuore e illuminano il cammino verso una guida più responsabile. Tra queste, spicca la testimonianza coraggiosa di Emiliano Malagoli, un toscano che ha trasformato un tragico incidente in una missione educativa. Attraverso il progetto “Non buttate la vita in un secondo”, Emiliano porta avanti un messaggio potente e necessario per gli studenti di tutta Italia: la consapevolezza stradale come strumento di salvezza. In questa intervista, esploreremo il percorso di Emiliano, dalla passione per la moto alle sfide della riabilitazione, fino alla creazione di un’organizzazione dedicata alla sensibilizzazione sulla guida sicura.
Emiliano lancia un messaggio importante agli studenti di tutta Italia: “Il ragazzo figo non è chi fa cose pericolose alla guida, ma chi rientra la sera a casa avendo cura delle persone che ha a bordo”.
Emiliano Malagoli, toscano, un ragazzo con la passione per la moto e per le situazioni pericolose.
La sua vita trascorre come quella di tante altre persone, tra sport, lavoro, amici e famiglia finché nel 2011 è vittima di un grave incidente stradale.
Emiliano perde la gamba destra e compromette seriamente quella sinistra.
Una vita da riorganizzare, dove la moto deve essere ancora presente, nonostante tutto.
Seppur con tante difficoltà, il sogno si avvera ed Emiliano torna in sella alle due ruote.
Fonda così la Onlus Diversamente Disabili convinto che, come lui, tanti altri possano farcela.
Non solo, dà vita anche a un progetto di educazione stradale riservato agli studenti di tutta Italia perché crede che il dialogo e la sensibilizzazione verso la guida responsabile può salvare davvero la vita.
Cerchiamo di capire meglio con lui da dove nasce la volontà di creare il progetto “Non buttate la vita in un secondo”.
Emiliano da dove nasce l’idea di voler parlare ai ragazzi di educazione stradale?
“Dopo quello che mi è accaduto proprio mentre ero alla guida della moto, spiegare ai ragazzi i pericoli che possiamo incontrare in strada è diventato un modo per dare un significato diverso alla mia seconda vita”.
Spiegaci meglio: cosa intendi?
“Se quello che mi è accaduto può fare da monito ai giovani, l’aver perso una gamba acquista un significato positivo. Nel mio piccolo poter essere la scintilla per riflettere, e magari per salvare una vita, è la cosa più soddisfacente che possa fare”.
Il progetto ormai va avanti da diversi anni. Fino ad oggi quanti ragazzi ha incontrato?
“In questi anni, tra incontri online e in presenza, abbiamo incontrato oltre 10.000 ragazzi di oltre 100 scuole italiane”.
Parli al plurale. Chi porta avanti questo progetto insieme a te?
“Oltre al supporto di Octo Telematics, con me c’è Omar Bortolacelli, un ragazzo di Bologna che è diventato paraplegico in seguito ad un’incidente in ambulanza mentre faceva servizio.
Disabilità e storie diverse che riescono comunque a far riflettere i ragazzi”.
Che reazioni hanno sentendo le vostre storie?
“Oltre a rimanere sempre molto colpiti, capiscono che ciò che ti salva dal pericolo non è la bravura, ma la capacità di saperlo prevenire. Basta davvero poco per combinare l’irreparabile”.
Nelle scuole vanno anche poliziotti, carabinieri e vigili del fuoco a fare educazione stradale. Cosa vi distingue da loro?
“La cosa che più ci distingue è proprio quello che abbiamo vissuto, perché possiamo testimoniare davvero quali sono le conseguenze di una guida non responsabile. Non servono video nel nostro caso, è sufficiente il nostro racconto”.
Il fatto di essere un pilota ti aiuta in questo percorso?
“Sì, perché dimostra che l’incidente può capitare anche a chi è esperto nella guida. Siamo più sicuri noi piloti a 300 km/h che a 50 km/h in strada”.
È un modo di dire, vero?
“No, la pista è davvero un luogo sicuro dove sfogarsi e provare l’ebbrezza della velocità perché non ci sono auto e moto che vengono nel senso di marcia opposto. Non ci sono neanche altri ostacoli come muri, alberi. L’abbigliamento che indossiamo, inoltre, è adeguato e ci sono sempre dottori e ambulanze pronti ad intervenire”.
Tornando all’incontro con i ragazzi. Qual è la domanda che ti fanno più spesso?
“Perché ti è successo?” e la risposta è sempre la stessa:” Perché non pensavo potesse accadere proprio a me!
Sai, è proprio questa la causa di moltissimi incidenti, perché pensi sempre che certe cose accadono sempre gli altri e guidi con leggerezza, convinto del fatto che non potrà succederti nulla”.
Quale messaggio vuoi lasciare a tutti quelli che leggeranno questa intervista?
“Da giovane mi sentivo figo a fare cose pericolose. Sapevo di essere bravo alla guida e mi cimentavo in azioni per cui oggi, con il senno di poi, mi considero davvero stupido”.
Sapete chi è davvero il ragazzo figo? E’ quello che la sera rientra a casa senza problemi prendendosi cura delle persone che ha a bordo.